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Inviato da avatar Eugenio Galli il 05-05-2008 alle 18:26 Leggi/Nascondi

Caro Trentini,

non sono molto d’accordo con questa rivendicazione, e cerco di spiegare il perché.

 

Bici e moto (ciclomotori e motocicli) sono spesso indicate come “cugine” per il fatto che si muovono normalmente su due ruote. Ma in realtà hanno, a mio modo di vedere, esigenze profondamente diverse.

 

Riconosco bensì che la circolazione di due ruote a motore comunque contribuisce a uno snellimento del traffico, e che si tratta anche in quel caso di utenze “deboli” in quanto particolarmente vulnerabili in caso di incidente.

 

Ma le somiglianze credo che non vadano molto oltre.

Ragion per cui non solo non gradisco le improprie assimilazioni tra mezzi a trazione muscolare e mezzi a propulsione motorizzata, ma neppure mi piace quando vedo motociclisti che utilizzano percorsi riservati alla bici (es. accade spesso in viale Elvezia dove la pista ciclabile viene utilizzata come scolmatore dalle moto quando il traffico è intenso) o parcheggi destinati alle bici (notoriamente assai scarsi a Milano).

 

Detto questo, e con riferimento al tema da te proposto, desidero fare le seguenti considerazioni, in spirito di chiarezza e senza voler aprire fronti polemici.

 

1. Le corsie dei mezzi pubblici hanno primariamente un obiettivo: quello di favorire il trasporto collettivo rispetto a quello individuale, evitando che rimanga incagliato nel traffico e promuovendone l’efficienza e la velocità commerciale, in una parola: la competitività. Perché ciò si realizzi occorre che il controllo sugli accessi sia effettivo.

 

2. Tutte le eccezioni che si introducono alla regola della esclusività del mezzo pubblico sulle corsie riservate devono essere attentamente valutate in relazione alla rispondenza all’obiettivo di cui al punto precedente.

 

3. Ciò vale ovviamente anche con riferimento alla deroga a favore delle moto (attualmente gli unici mezzi privati cui sia consentito in alcuni casi l’accesso alle corsie medesime). Le eccezioni suddette si giustificano se, senza creare impedimenti al mezzo pubblico, migliorano la sicurezza stradale complessiva. Prima di valutare quindi la generalizzazione della accessibilità delle corsie ATM a ciclomotori e motocicli credo che sia opportuna una riflessione su questo. E anche dopo, monitorando tempo per tempo gli effetti delle decisioni adottate.

 

4. Da utente della strada osservo che, spesso, sulle corsie preferenziali abilitate, i motociclisti - ma non solo loro - raggiungono velocità pericolose e totalmente fuori dal consentito in ambito urbano (e a volte non solo urbano).

Io lavoro in prossimità di piazza Tripoli (sul rettilineo di viale Bezzi, lungo la circonvallazione della 90), dove si verificano con frequenza incidenti anche mortali che hanno spesso come concausa determinante proprio la velocità. Non più tardi di dieci giorni fa sull’intersezione con via Sardegna, nell’impatto con un’auto che si accingeva a svoltare in un punto non consentito pare per un errore del navigatore a bordo, un motociclista ha lasciato sull’asfalto una gamba e resterà (se sopravvive) segnato per il resto dei suoi giorni. Non è sicuramente questo l’obiettivo che l’estensione della circolazione delle moto sulle corsie preferenziali si procurava di raggiungere.

 

5. Poiché questo risulta spesso un problema drammatico quanto sottovalutato, da qui discende che è assolutamente indispensabile e - questo sì - prioritario un controllo diffuso ed effettivo della velocità (in termini di dissuasione e di repressione), anche e soprattutto in quelle situazioni (come appunto nelle corsie ATM, sui rettilinei, etc.) nelle quali è più facile o frequente premere sull’acceleratore. Il vizietto italico di considerare le strade una sorta di dépendance dei circuiti da gran premio deve essere stroncato.

 

6. Nelle condizioni di piena sicurezza, di controllo della velocità e di compatibilità con le esigenze del trasporto pubblico, si può anche consentire alla generalizzazione salvo eccezioni, nel senso da te proposto. Ma con un ragionamento che presuppone tutto quello che abbiamo sin qui detto.

 

7. Per concludere, alcune brevi note sulla circolazione delle bici nelle corsie riservate dei mezzi pubblici.

La richiesta di coloro che scelgono quotidianamente la bici per i propri spostamenti (e nello specifico da parte dell’associazione che presiedo) non è nel senso di generalizzare l’accessibilità delle corsie ATM, ma semmai quella di avere una città adeguatamente e complessivamente permeabile all’uso della bicicletta in condizioni di sicurezza, con tutte le dotazioni all’uopo previste.

Quindi, siamo favorevoli all’utilizzo delle corsie ATM da parte delle bici quando il calibro della corsia protetta sia tale da non creare ostacoli al mezzo pubblico né pericoli per l’incolumità del ciclista.

Se viceversa il calibro non è sufficiente e se non è possibile ampliare la corsia, allora ha senso impedire al ciclista di circolarvi.

Si tenga presente che raramente un ciclista sceglie ad esempio di percorrere una corsia riservata tipo quella della 90-91, che specie in alcuni tratti non dà proprio la sensazione di essere al riparo da pericoli. Mentre ci sono situazioni (esempio, via Moscova) nelle quali l’uso della corsia da parte del ciclista è presidio della propria sicurezza, in quanto così facendo non si trova in mezzo alla strada, nella condizione di essere superato da destra e da sinistra, ma solo da un lato.

In questo senso è tempo che Milano si doti di un sano pragmatismo che appartiene alla tradizione di Maria Teresa ma che pare, da allora, essere caduto nel dimenticatoio.

 Eugenio Galli (presidente Fiab CICLOBBY onlus) 
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