4 e 5.
Caro Trentini, non voglio trasformare questa discussione in un dibattito a due, ma insisto: non si può dare per scontato ciò che scontato non è! Altrimenti significa volere, almeno implicitamente, il mantenimento dello status quo. Che è esattamente ciò che a Milano è successo nel passato e che si spera, anche attraverso questa iniziativa, si possa (e voglia) concretamente superare.
Il mancato rispetto delle regole sulla velocità (anche) in ambito urbano è semplicemente lì da vedere: basta guardare. E’ che siccome riguarda un po’ tutti, come comportamento abituale, si preferisce far finta di nulla e pensare che il problema sia altrove. Sarà pure comodo crogiolarsi nelle proprie abitudini, ma non risponde al problema posto.
E la velocità delle moto, nelle corsie rettilinee riservate ai mezzi pubblici, pone un problema serio e grave di sicurezza stradale, non solo per il motociclista ma per tutti gli utenti delle strade. Quindi, ammesso e non concesso che tale accessibilità non sia di ostacolo alla fluidità del mezzo pubblico (ipotesi, da verificare), comunque evidenzia aspetti significativi di sicurezza che è necessario considerare (tesi).
7.
Il tuo esempio su via Torino calza a pennello ed è esattamente uno di quelli che rendono bene l’idea di come sia stata progettata la “nuova” viabilità cittadina, e che spiegano e motivano le nostre profonde insoddisfazioni.
Via Torino, prima che essere una corsia ATM, è una strada radiale del centro città.
Se l’obiettivo deve essere la ciclabilità diffusa, poniti la domanda: il ciclista che vuole percorrere quella via, risistemata non più di dieci anni fa, dove deve andare?
Su strada è innanzitutto in pericolo per via del pavè e dei binari, oltre che di ostacolo al tram. E sul marciapiede gli è stato vietato ed è sanzionabile (36 euro di contravvenzione).
E quindi? Dove lo mandiamo?
Il modo più semplice è quello di dirgli: “ma devi passare proprio lì? vai da un’altra parte”.
Però, poi, occhio alle risposte...
;-)
A presto
Eugenio Galli