Il pavé nemico di noi ciclisti, ma «no» all’asfaltatura globale
Da milano.corriere.it:
dalla parte del cittadino Il pavé nemico di noi ciclisti, ma «no» all’asfaltatura globale Gentile signora, vorrei sollevare il tema dell’insoddisfacente manutenzione del manto stradale delle vie di Milano e in particolare di quelle ricoperte con pavé. A giudicare dal tempo necessario per rimuovere ad una ad una le lastre di pietra e rimetterle al loro posto, sospetto che il consuntivo annuale di spesa sia particolarmente elevato, mentre il risultato ottenuto è assai modesto. Spesso, già immediatamente dopo il termine dei lavori, i miglioramenti apportati al piano stradale sono difficilmente percepibili. L’usura poi è talmente rapida che in diverse strade i lavori devono essere ripetuti ogni anno. Per di più — e questo ha davvero dell’incredibile — in alcuni casi vengono riposizionati, come se niente fosse, anche tratti di rotaie tranviarie in disuso, lasciando che finiscano letteralmente nel nulla. Il pavé non è in grado di sopportare la circolazione di mezzi pesanti— camion, autobus, Suv — e probabilmente, con i volumi del traffico odierno, neanche quella dei normali veicoli. Visto che non si riesce a limitare sensibilmente il traffico, perché ostinarsi? Perché non rassegnarsi a fare spazio al funzionale asfalto? Se è vero che il pavé fa parte del patrimonio storico della città, risolleviamolo dalle condizioni di degrado in cui versa oggi. Evitiamo di lasciargli fare delle bizzarre apparizioni (magari a un incrocio) per poi scomparire dopo alcuni metri. Ridiamogli una dignità restituendolo a un ruolo compatibile con le sue caratteristiche: rimuoviamo le lastre e utilizziamole nelle zone pedonali, invece di ricorrere al dispendioso acquisto di nuove pavimentazioni. Se il pavé sopravvive a dispetto di considerazioni di buon senso, viene da domandarsi se ciò sia dovuto al prevalere delle pressioni delle varie Cooperative Selciatori e Posatori. Guido Costa Immagino che lei sia ciclista o motociclista, le categorie che maggiormente soffrono per il pavé milanese. Devo riconoscere che lei ha probabilmente ragione, le storiche pietre sono nate ai tempi delle carrozze e non sono adatte al traffico automobilistico, ed è anche ovvio che senza si farebbe magari qualche economia. Ma asfaltare tutto mi sembrerebbe una bruttura, uno sfregio, quasi, all’immagine e alla storia della nostra città: soluzione che, peraltro, non esime da annuali riparazioni in quanto acqua e gelo regolarmente aprono dei bei buchi nell’asfalto. In nome del pavé come ciclista, mi rassegno a pedalare con lentezza, evitando così salti e sbalzi deleteri, sì, per le due ruote. E non me ne voglia se, pur comprendendo il suo punto di vista, non condivido la sua invocazione per un’asfaltatura globale. Isabella Bossi Fedrigotti 09 dicembre 2009 ![]() Commenti (1) |